"Orfeo ed Euridice" di Gluck:
note di regia di Nicola Berloffa
Nicola Berloffa firma regia e costumi di Orfeo ed Euridice
photo Priamo Tolu
Note di regia
a cura di Nicola Berloffa
Anche se siamo ormai pronti alla riapertura totale post Covid, in quest’ultimo periodo di strette un titolo come Orfeo e Euridice può essere l’opera ideale da portare in scena. Gluck seguendo la sua riforma volta a semplificare la complessità dell’opera barocca, focalizza la tensione dello spettatore su un unico dramma unito e pulito - la composizione si sfronda pertanto degli interminabili recitativi secchi e di una moltitudine di personaggi drammaturgicamente inesistenti - resta un grande e unico protagonista, Orfeo, in scena dall’inizio alla fine. Lo spettatore segue così il protagonista e la sua discesa agli inferi (in questo caso un viaggio di andata e ritorno nell’inferno), motivo topico classico che si presta a letture esegetiche svariate e che inevitabilmente ci porta alla memoria la catabasi di Dante nell’anno celebrativo del settecentenario della morte del poeta. Nello spettacolo è importante riuscire a raccontare e a rendere nel modo più confacente la natura sentimentale del protagonista, il sentimento stesso forse è il vero motore dell’intera azione, un viaggio, quello di Orfeo, unicamente dettato da un amour fou catalizzante. Sul palcoscenico per suggerire il movimento e il viaggio si assisterà a un lungo succedersi di oggetti caratterizzanti i diversi momenti drammatici della vicenda, un lungo piano sequenza di elementi scenografici salienti a connotare fortemente ogni avvenimento di scena in scena. In costante sfondo a questo avvicendarsi di oggetti simbolici, un ambiente quasi lunare, vulcanico, finanche bruciato, dove la vita è preclusa e la morte sembra aver preso il sopravvento su qualunque forma di vita. Ma in questo mondo desolato la fertilità riesce a fare delle apparizioni, la vita infatti entra sempre in scena con l’amore, ed è per questo che quando la dea dell’Amore fa la sua comparsa in scena, porta la vita in palco, suggerita da un fiorire incontrollato sul suo cammino. La bellezza di questi personaggi è senza tempo, c’è in loro una purezza estetica quasi canoviana, un’anticipazione di quell’amore per l’equilibrio e di quella armonia delle linee propri dello stile del celebre scultore. Nell’alternarsi di scene corali, arie e danze l’opera di Gluck in qualche modo guarda al futuro anticipando anche l’impianto di quello che poi sarà il grand opéra francese, forse anche questo tratto precursore può spiegare l’interesse per Orfeo e Euridice (Berlioz e Saint-Saëns ne hanno riorchestrato la parte strumentale), nonché il motivo della fortuna di questo titolo amato nei secoli e costantemente presente in repertorio.