A colloquio con Ursel e Karl-Ernst Herrmann
foto Priamo Tolu
Didascalia e scandalo
a colloquio con Ursel e Karl-Ernst Herrmann
a cura di Alessandro Taverna
A spingere Verdi verso Traviata cosa avrà contato di più? Che la protagonista fosse una prostituta o piuttosto una malata?
Sarà stata la fusione di tutti e due gli elementi. Verdi non avrebbe potuto farne in nessun caso a meno. Con quest’opera lui ha scritto una critica alla società del suo tempo. Non dimentichiamo che si tratta anche di una indimenticabile e scomodissima storia d’amore. Era necessario molto coraggio per portare sulla scena del melodramma un soggetto come Traviata. È un’opera fondata sulla provocazione. In fondo il suo autore si trovava in una condizione non troppo diversa da quella dei suoi stessi personaggi. Per Verdi la scelta della vicenda era una risposta indiretta all’ambiente in cui viveva, soprattutto dopo essersi ritirato nella campagna di Sant’Agata. Non era sposato alla donna con cui viveva e questo non era ben visto dalla gente. Verdi era stato sedotto dagli amori scandalosi della signora delle camelie. Non è azzardato parlare di autobiografismo.
La Traviata è un titolo tanto famoso che tutti presumono di conoscerlo a fondo...
Abbiamo provato a interrogare quest’opera come se fosse stata scritta ieri, ma senza l’obbligo di immaginare un’attualizzazione che avrebbe rischiato di portare fuori strada. Ci siamo accorti della potenza di questo melodramma quando vent’anni or sono ne abbiamo realizzato un allestimento che ci ha permesso di misurarne tutta la novità. Certo, Verdi quando l’ha scritta aveva chiara l’idea - assolutamente provocatoria - di un’ambientazione ferma al proprio presente. Allora era importante una fedele messa a fuoco del momento storico in cui è stata scritta. A ciò tenevano Verdi ed il suo librettista.
Ma chi sarebbero i contemporanei di Verdi?
Basterebbe fare riferimento alla letteratura del periodo. Per capire Traviata possono essere utili i romanzi di Balzac o le opere di Baudelaire. Con loro Verdi condivide l’acuta osservazione della società in cui vive ed il senso dello scandalo.
E per cominciare a mettere in scena Traviata da dove vi siete mossi?
Dalle didascalie. Potrà sembrar strano, ma in un dramma di ambientazione borghese contano moltissimo. Nonostante tanti generici richiami alla tradizione, non ci sembra che queste indicazioni siano spesso rispettate. Eppure sono rilevatrici. Così ci siamo attenuti alle indicazioni sceniche che figurano nel libretto di Francesco Maria Piave. Intanto si rivela fondamentale l’individuazione delle varie stagioni. Il primo atto di Traviata si svolge una sera inoltrata di fine estate, quando la natura ormai è esplosa in tutto il suo fulgore. Il secondo atto invece cade a gennaio e per questo nel primo quadro il giardino della casa di campagna dove abitano Violetta e Alfredo non può essere rigoglioso. Presenta piuttosto alberi nudi e spogli. Il terzo atto ha luogo a febbraio, in pieno carnevale.
Dopo il tempo, l’individuazione dello spazio...
Piave ci soccorre di nuovo, con precisi suggerimenti. La scena del primo atto deve comportare una porta alle nostre spalle, un grande specchio al muro ed una tavola riccamente imbandita in mezzo alla camera. Ed ecco quello che si vede sulla scena. Solo la grande tavola rotonda è davvero imponente, ingombrante, si direbbe. Al punto da obbligare i solisti ed il coro a muoversi costantemente in cerchio. Perché la sala di Violetta deve dare la sensazione di essere sovraffollata, non c’è spazio per i visitatori. La posizione centrale ne fa un simbolo: la ricchezza e la prodigalità dell’ambiente di Violetta saltano all’occhio. Tutte le scene che si svolgono a Parigi avranno la stessa caratteristica forma ovale.
L’idea visuale del primo atto forma dunque il filo conduttore dell’intera opera?
In realtà la scena del secondo atto offre un contrasto flagrante con queste forme arrotondate. Siamo in una casa di campagna e qui domina uno spazio squadrato. Piave prescrive due porte a vetri e da qui abbiamo sviluppato l’idea di una parete sullo sfondo in vetro.
Sembra che le immagini siano la guida della vostra visione registica...
Al regista compete di mettere in dialogo il testo del passato con il presente. Ma il compositore resta sempre il padrone. Il servitore può concedersi, rispettosamente, alcune riflessioni critiche. Il nostro allestimento di Traviata sviluppa la lezione ricevuta dal teatro italiano. Più in particolare contiene un omaggio a Luchino Visconti.
Come rendere il clima di festa che trascorre da un atto all’altro?
Nelle feste della Traviata non deve sfuggire la violenza dei ritratti, della psicologia. Si sa, Verdi era obbligato ad aggiungere delle danze nelle sue opere. Era l’usanza dell’epoca. Assistiamo perciò a qualche danza di falso gusto locale - come se ne vedevano nei locali parigini. Se non si fa molto caso alla musica ed all’argomento ecco uno spettacolo pieno di buon gusto ma anche un po’ noioso. Se si pone caso a Violetta ed al suo ambiente si ha ragione di credere che in quei salotti le cose potevano prendere una piega volgare. Perciò siamo obbligati a guardare questi balletti con un senso della distanza, così che possano assumere un significato più profondo di quanto è dimostrato. È la borghesia che si diverte, una borghesia di cui Violetta in breve tempo sarà la vittima sacrificale.
(dal programma di sala di La Traviata, Festival Verdi 2007, Teatro Regio di Parma, per gentile concessione)